Inquinamento luminoso, come incide sulle nostre vite e sull’ambiente?

Leopoldo Dalla Gassa è il presidente dell’associazione No Profit Veneto Stellato che riunisce astrofili e ricercatori della regione. In un’intervista spiega gli impatti dell’inquinamento luminoso nei suoi diversi aspetti.

«Facciamo parte dell’UAI, Unione Astrofili Italiani e di CieloBuio, l’associazione nazionale contro l’inquinamento luminoso, che è prima di tutto un problema culturale: perdiamo la percezione del cielo stellato, l’altra metà del paesaggio, che ha ispirato l’uomo per millenni. È una grossa perdita. In secondo luogo è un problema ambientale. L’illuminazione artificiale influisce sul ciclo clorofilliano delle piante, che ha bisogno del giorno e della notte. Stiamo stravolgendo questi ritmi, con pesanti conseguenze anche per la fauna, penso ai rapaci e agli uccelli migratori».

«Purtroppo – spiega l’esperto – facciamo parte della Pianura Padana, che è ormai è un’unica enorme città metropolitana e l’inquinamento luminoso si protrae per oltre 300 chilometri, attenuato solo dalla curvatura terreste. Si pensi che il 3% dell’inquinamento luminoso subito dall’Osservatorio di Asiago, a cima Ekar, che è il più grande d’Italia, è prodotto dalla città di Milano». «Consumiamo il doppio rispetto alla Germania: 106 kilowatt pro capite, contro i 48 dei tedeschi, e i 40 degli inglesi».

Quali soluzioni attuare? La prima cosa da fare, secondo l’esperto, è “stilare il Piano Comunale dell’Illuminazione in tutti i centri abitati, come previsto dalla Legge Regionale n.17/2009, che prevede di registrare i picchi di traffico così da poter abbassare il flusso luminoso quando non necessario. Nelle strade con volumi di traffico particolarmente bassi, le amministrazioni più intelligenti, potrebbero installare dei sensori di presenza , per fare luce solo quando passa un veicolo». Un aiuto può provenire dalle luci a LED, anche se, precisa Dalla Gassa, non rappresentano la soluzione poiché «costano di più e in termini di consumi si risparmia poco» e in alcuni casi possono perfino risultare dannosi. I LED “a luce bianca”, infatti, «fanno male all’uomo a livello biologico, perché questa luce, che vira verso il blu, incide sui ritmi circadiani e la melatonina molto di più rispetto alla tradizionale luce gialla. Inoltre, a parità di luce prodotta, l’inquinamento luminoso peggiora, perché la luce bianco-blu emette su tutto lo spettro e non riesce ad essere filtrata dai telescopi».

Fonte: VVox

Piccoli pannelli solari tra le pagine del giornale

E’ bello vede come le industrie e le realtà produttive italiane siano al centro di curiose e interessanti tecnologie. Oggi parliamo di una particolare applicazione nata grazie alla collaborazione tra una start up con l’Istituto italiano di Tecnologia.

In sostanza, verranno applicati dei pannelli solari sui fogli di giornale per rendere la lettura del quotidiano o delle riviste interattiva. Le copertine in sostanza avranno la capacità di catturare l’energia solare e usarla per alimentare le immagini interattive in movimento.

Una tecnologia interamente “made in Lecco” della Omet industries. Antonio Bartesaghi, presidente della nota industria ad alta tecnologia lecchese, ammette: «Assieme all’Iit (Istituto italiano di tecnologia) abbiamo investito su un progetto che serve per realizzare piccole celle fotovoltaiche ottenute attraverso un processo di stampa. È un progetto sul quale stiamo lavorando da più di tre anni e che sta diventando una “start up” innovativa specifica.

Ormai siamo riusciti a mettere a punto questa tecnologia e siamo in grado di realizzare delle piccole celle fotovoltaiche con macchinari di stampa quasi tradizionali, seppur adattati alla bisogna. Il vantaggio è che la cella fotovoltaica è stampata su un materiale plastico flessibile, arrotolabile, dello spessore di mezzo millimetro. È per più del 90 per cento smaltibile senza problemi, non è rifiuto speciale, e il suo costo sarà molto più basso dei pannelli tradizionali».

Si tratta in sostanza di applicare al processo di stampa la produzione di cellule fotovoltaiche, una rivoluzione made in Lecco davvero importante in termini di miniaturizzazione dei circuiti stampati e degli elementi elettrici. Questa elaborazione potrà essere applicata anche ad altri prodotti o progetti.

«Ci sono altri tre centri al mondo che hanno ideato un prodotto del genere, ma stanno andando su tipologie di materiali che non ne permetteranno un’industrializzazione: uno sfrutta il deposito di materiali ad ambiti di pressione zero (molto costosi), altri utilizzano materiali particolarmente rari e dunque non economicamente redditizi per un progetto di tipo industriale». Questa tecnologia dovrà migliorare tanto – ammette Bartesaghi di Omet – Soprattutto dovremo cercare di ingrandire i pannelli realizzabili, ma l’obiettivo è produrre pannelli di costo molto più basso degli attuali. Il che vorrà dire poter installare pannelli per produrre energia senza contributi statali». «Oggi, senza contributi, non c’è vantaggio a installarli. L’obiettivo di ridurne in maniera sostanziale il costo fa sì che si possano ripagare da soli, con l’energia prodotta». «Ora siamo ancora in fase di laboratorio. Non c’è ancora un processo industriale, ma ci vogliamo arrivare attraverso questa “start-up” che sarà partecipata per la maggioranza da Omet ma anche da Iit e dai ricercatori, dagli ingegneri, che hanno lavorato fino ad oggi per il progetto».

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